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CASTELLO DI CASOTTO

Castello di Casotto

Come altri castelli piemontesi anche quello di Casotto ebbe un'origine non militare.
Agli inizi fu infatti una Certosa, la prima in Italia. Venne fondata nel secolo XI, forse dallo stesso San Bruno che veniva dalla Grande Chartreuse presso Grenoble per andare a Roma.
Solo nel 1800, dopo le spoliazioni napoleoniche, fu acquistata dai Savoia e trasformata in castello di caccia.
Una serie di recenti campagne di scavo condotte dall'Università di Torino ha riportato alla luce le fondamenta dell'originaria Certosa e di un successivo ampliamento quattrocentesco.
Fra gli eremiti che costituirono il nucleo originario dei certosini che in principio vivevano in piccole capanne (otto in tutto, da cui forse "case-otto" cioè Casotto) ci fu il beato garessino Guglielmo Fenoglio.
Nel 1858 la principessa Clotilde vi ricevette la notizia che doveva andare in sposa a Gerolamo Bonaparte, detto "Plon Plon", il cugino di Napoleone III: fu un matrimonio dettato dalla ragion di Stato e voluto da Cavour per ottenere l'alleanza con la Francia nella seconda guerra d'indipendenza.
Il castello di Casotto, che fu tra i preferiti del Re Vittorio Emanuele II per le battute di caccia, attualmente è di proprietà della Regione Piemonte che ne curerà il restauto e la ristrutturazione architettonica.



Casotto Castle

Like other castles in Piedmont, Casotto's Castle was founded for non-military purposes.
At the beginning, it was a Chartusian monastery, one of the most ancient in Italy. It was founded in 11th century, perhaps by Saint Bruno, during his pilgrimage ftom the Great Chartreuse in Grenoble to Rome.
At the beginning, the monks lived in eight huts (in Italian "otto case" from which the name of the site "Case OTto" then "Casotto").
After Napoleone pillages, in the 19th century it was bought by Savoia family and trasformed into a hunting lodge, one of the preferred of Vittorio Emanuele II.
Recently, Turin University conducted an excavation campaign that has revealed the foundations of the original Carthusian monastery, and a 15 th century enlargement. When the castle was bought by Savoia, some important events took place in the building: here, in 1858, Princess Maria Clotilde accepted marry Gerolamo Bonaparte, Napoleon III's cousins, also called "Plon Plon", a marriage wanted by Cavour to obtain the alliance with France during the second war of indipendence.
Actually Piedmont Region, the owner of the building, is restructuring the castle.



I Savoia

Quando Casa Savoia comperò quello che restava dell'antica Certosa, la prima cosa da farsi fu una potente opera di ricostruzione. Purtroppo non fu toccata, in questo lavoro, la parte riguardante il monastero vero e proprio che, già lungamente provato dal tempo e dai saccheggi, andò presto in rovina.
Fu invece rimessa a nuovo la zona antistante: cappella e foresteria, ancor oggi visitabili.
Il Castello rimase proprietà della famiglia reale dall'anno 1837 al 1881, data in cui venne venduto a privati.
Carlo Alberto iniziò dunque quest'opera di adattamento a castello di caccia e residenza estiva, ma chi ne fece vero uso fu il suo successore Vittorio Emanuele II con i suoi cinque figli: Maria Clotilde, Umberto (principe ereditario), Amedeo (Duca d'Aosta e poi Re di Spagna), Oddone e Maria Pia (futura Regina del Portogallo).
Essi rimasero, ancor giovanissimi, orfani della madre e, sotto la guida amorosa della primogenita Maria Clotilde, trascorsero a Casotto molta parte delle loro vacanze di giovinetti.
Nelle numerose vacanze di caccia il Re galantuomo, che qui vuol essere ricordato come un amante della natura, della caccia, del buon vino e della vita semplice tra gli uomini della montagna, venne spesso accompagnato da "La bela Rosin", la donna di umili origini che egli sposò prima religiosamente e poi morganaticamente.
La permanenza dei Savoia al Castello di Casotto copre un arco di poco più di quarant'anni, ma è tra le sue mura che maturò uno degli episodi più noti della storia patria e che fece di Maria Clotilde una delle più belle figure del nostro Risorgimento. Dalla madre ereditò una grande dolcezza ed una pura devozione religiosa.
A soli dodici anni, rimasta orfana, sebbene ricadessero sulle sue giovani spalle la responsabilità dell'educazione dei fratelli minori e la fatica di essere la prima donna di corte, seppe assolvere anche i più gravosi compiti con serenità e grande maturità. Clotilde ha lasciato un diario in cui, in lingua francese, in un periodo molto importante per la storia italiana e di Casotto, annotava tutti gli avvenimenti delle sue giornate, anche i più banali. Questo suo scritto è stato di grande utilità nella ricostruzione della vita che si svolgeva al Castello e soprattutto dei pensieri e dei sentimenti della giovane principessa.



La visita al castello

Dallo scalone di sinistra si accede all'ampio corridoio che percorre tutto il primo piano (foto 1): lungo le pareti si osserva una vera e propria pinacoteca che raccoglie quadri che i Savoia trasferirono dalla Galleria Daniel del Castello Reale di Torino e dal Castello di Agliè: sono raffigurati personaggi di casa Savoia, della mitologia e della antichità. La camera del Principe ereditario, futuro Re Umberto I, è posta all'estremità dell'ala sinistra; luminosa e soleggiata, è una delle più belle e complete di tutto il Castello. Vi si nota un letto a baldacchino, un servizio di finissima porcellana, il salotto completo in "canneggiato".
L'ampio caminetto è sovrastato da un quadro della Galleria Daniel rappresentante una "Dama con cagnolino".
Adiacente si trova la stanza dell'aiutante di campo del Principe, Barone Cavalchini Garofoli. Di qui si accede alla camera della Principessa Maria Clotilde (foto 2).
Il letto è un raro esempio di barocco piemontese: ricavato da un tronco unico vi si ammirano le perfette forme sculturali poste ai quattro angoli e rappresentanti dei fauni. I ricami presenti nella camera sono stati eseguiti con grande perizia dalla stessa principessa, come si può osservare nel coprifuoco, molto ben conservato, lavorato a piccolo punto su tulle. Si nota ancora: la torcia battesimale della principessa, adoperata anche per tutti i suoi fratelli e l'inginocchiatoio su cui Maria Clotilde era solita pregare.
Il quadro sulla destra rappresenta Francesca d'Orléans, duchessa di Savoia; di fronte, Maria Luisa Gabriella di Savoia, sopra al camino la "Dama in manto d'ermellino" (foto 3) recante la datazione del 1713. Attraversando la camera della dama di compagnia della principessa Clotilde, Madamigella Camilla di Foras, osserviamo il lampadario in ferro battuto ed il quadro rappresentante Maria Giovanna Battista di Savoia - Nemur. L'ampia camera della musica divide le camere da letto delle principesse. Sulla parete di fondo si vede il grande quadro della "Dama in fiero" del 1600 proveniente dal Castello di Agliè ed attribuito al Van Dyck o alla sua scuola. Si narra che questa cupa dama, nelle notti di luna, scendesse dalla sua cornice per predire, vagando nelle stanze dei Castello, alla famiglia reale sventure familiari e politiche.
La tappezzeria è dell'epoca; come tutte le altre ancora conservate nel Castello essa rappresenta una rarità essendo tra le prime tappezzerie in carta fabbricate in Francia e di là fatte appositamente arrivare. Nell'arredamento sono da notarsi un delicatissimo servizio da liquori e le caratteristiche poltrone, alte e rigide. Ecco adesso la camera della dama di compagnia Principessa Maria Pia, Contessa Dariel di Salasco, con il solito letto a baldacchino ed il cassettone intarsiato.Alla parete una stampa raffigura Piazza Castello a Torino secondo un primo progetto dell'Antonelli. Adiacente si trova la camera della Principessa Maria Pia. Il letto è gemello a quello di Maria Clotilde, da notare sono gli alari del caminetto ed il grazioso tavolino da toeletta.
Segue un piccolo gabinetto da lavoro con uno dei primitivi esemplari di macchine da cucire ed un piccolo filarello. Di qui si accede alla camera della Contessa Carolina di Villamarina, governante delle principesse e governatrice addetta alla direzione del Castello. Il corridoio, che unisce le due ali del Castello, si allarga in un atrio compreso tra gli arrivi degli scaloni di accesso; in esso, di fronte ad un'ampia vetrata che guarda il cortile e la valle sottostante, si apre l'ingresso della Cappella, opera del Vittone, ancor oggi consacrata.
In origine, secondo la costruzione del Vittone del 1750, la chiesa era molto più estesa poiché la parte oggi rimastaci era solo destinata al pubblico mentre verso il chiostro ne esisteva una seconda di clausura, destinata cioè solo ai certosini. I Savoia fecero quindi chiudere la navata con un nuovo altare; su esso l'Icona, dipinta da Dionigi Faconti di Bergamo, rappresenta la Beata Ludovica di Savoia (foto 4) inginocchiata ai piedi della Madonna della Neve.
Le cappelle laterali che il Vittone aveva costruito dedicandole al fondatore della Certosa, San Brunone, e ad un altro certosino, San Ugone, vennero trasformate in tribune reali; pure aggiunte dai Savoia furono le stupende colonne monolitiche di "breccia di Casotto" ricavate da una piccola cava di marmo della zona ed uguali a quelle che si vedono anche nella Chiesa della Gran Madre di Dio a Torino. Il pavimento è un pregevole lavoro di ebanisteria, le pitture della volta furono eseguite dall'abate Giuseppe Peroni di Parma, nella cupola si vede al centro la Madonna della Neve tra due angeli; la perizia dell'autore ha fatto sì che l'immagine appaia al visitatore illuminata dalle finte finestre che si trovano alla base della cupola dietro la balaustrata anch'essa dipinta.
Nell'ala destra anch'essa percorsa da un corridoio ricco di quadri si entra nel salotto verde. E' stato così chiamato appunto per le bellissime poltrone barocche rivestite di damasco verde.
Dal salotto verde si accede alla camera della bella Rosin con il suo letto a baldacchino ed un grazioso paravento giapponese in seta ricamata. Si passa quindi alla sala da pranzo con il lungo e sobrio tavolo, i magnifici soprammobili, la porte lavorate a mano.
Grandi poltrone in cuoio sono disposte lungo le pareti; accanto al camino è appesa la borsa della posta in ferro che il veloce corriere del Re usava per portare la corrispondenza reale tra Torino e Casotto. Da qui ci si reca alla camera del Re Vittorio Emanuele II (foto 5). La bandiera del regno (foto 6), una drappella dell'esercito sardo, due quadri del 1600 rappresentanti Diana cacciatrice ed Urania ornano le pareti.
Le figure, una in bronzo e l'altra in gesso, di Cavour e Carlo Alberto sono sui due cassettoni. Sul piano dello scrittoio sono appoggiati vari oggetti personali del Re ed un ritratto della primogenita Maria Clotilde in abito da sposa. Verso il fondo del corridoio si apre la camera del Principe Oddone; si può ammirare l'originale tavolino, un bellissimo scrittoio ed il solito letto a baldacchino. Oltre a questa camera si trova la sala del biliardo, con il biliardo del Re perfettamente conservato ed efficiente ed un tavolino su cui si notano altri giochi tra cui il domino e le carte.
Dalle finestre del corridoio antistante alla sala del biliardo si possono scorgere delle rovine: sono parte dell'antica chiesa e del campanile.
Dallo scalone destro si scende nuovamente sotto i portici del grande cortile per accedere al cucinone del Re (foto 7). Qui i rami antichi, timbrati e con stemma reale, sono rimasti ad ornare questo magnifico locale. Perfettamente efficienti sono il forno per il pane, l'essiccatoio, il grande camino, i fornelli a carbone. La grande vasca in pietra che porta un originale rubinetto a forma di cigno, il mortaio, la burriera, i macinini del caffè sono rimasti a ricordo di un'altra epoca tanto diversa dal mondo moderno da sembrare emergere da una favola.



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CASTELLO DI CASOTTO

Castello di Casotto

Come altri castelli piemontesi anche quello di Casotto ebbe un'origine non militare.
Agli inizi fu infatti una Certosa, la prima in Italia. Venne fondata nel secolo XI, forse dallo stesso San Bruno che veniva dalla Grande Chartreuse presso Grenoble per andare a Roma.
Solo nel 1800, dopo le spoliazioni napoleoniche, fu acquistata dai Savoia e trasformata in castello di caccia.
Una serie di recenti campagne di scavo condotte dall'Università di Torino ha riportato alla luce le fondamenta dell'originaria Certosa e di un successivo ampliamento quattrocentesco.
Fra gli eremiti che costituirono il nucleo originario dei certosini che in principio vivevano in piccole capanne (otto in tutto, da cui forse "case-otto" cioè Casotto) ci fu il beato garessino Guglielmo Fenoglio.
Nel 1858 la principessa Clotilde vi ricevette la notizia che doveva andare in sposa a Gerolamo Bonaparte, detto "Plon Plon", il cugino di Napoleone III: fu un matrimonio dettato dalla ragion di Stato e voluto da Cavour per ottenere l'alleanza con la Francia nella seconda guerra d'indipendenza.
Il castello di Casotto, che fu tra i preferiti del Re Vittorio Emanuele II per le battute di caccia, attualmente è di proprietà della Regione Piemonte che ne curerà il restauto e la ristrutturazione architettonica.



Casotto Castle

Like other castles in Piedmont, Casotto's Castle was founded for non-military purposes.
At the beginning, it was a Chartusian monastery, one of the most ancient in Italy. It was founded in 11th century, perhaps by Saint Bruno, during his pilgrimage ftom the Great Chartreuse in Grenoble to Rome.
At the beginning, the monks lived in eight huts (in Italian "otto case" from which the name of the site "Case OTto" then "Casotto").
After Napoleone pillages, in the 19th century it was bought by Savoia family and trasformed into a hunting lodge, one of the preferred of Vittorio Emanuele II.
Recently, Turin University conducted an excavation campaign that has revealed the foundations of the original Carthusian monastery, and a 15 th century enlargement. When the castle was bought by Savoia, some important events took place in the building: here, in 1858, Princess Maria Clotilde accepted marry Gerolamo Bonaparte, Napoleon III's cousins, also called "Plon Plon", a marriage wanted by Cavour to obtain the alliance with France during the second war of indipendence.
Actually Piedmont Region, the owner of the building, is restructuring the castle.



I Savoia

Quando Casa Savoia comperò quello che restava dell'antica Certosa, la prima cosa da farsi fu una potente opera di ricostruzione. Purtroppo non fu toccata, in questo lavoro, la parte riguardante il monastero vero e proprio che, già lungamente provato dal tempo e dai saccheggi, andò presto in rovina.
Fu invece rimessa a nuovo la zona antistante: cappella e foresteria, ancor oggi visitabili.
Il Castello rimase proprietà della famiglia reale dall'anno 1837 al 1881, data in cui venne venduto a privati.
Carlo Alberto iniziò dunque quest'opera di adattamento a castello di caccia e residenza estiva, ma chi ne fece vero uso fu il suo successore Vittorio Emanuele II con i suoi cinque figli: Maria Clotilde, Umberto (principe ereditario), Amedeo (Duca d'Aosta e poi Re di Spagna), Oddone e Maria Pia (futura Regina del Portogallo).
Essi rimasero, ancor giovanissimi, orfani della madre e, sotto la guida amorosa della primogenita Maria Clotilde, trascorsero a Casotto molta parte delle loro vacanze di giovinetti.
Nelle numerose vacanze di caccia il Re galantuomo, che qui vuol essere ricordato come un amante della natura, della caccia, del buon vino e della vita semplice tra gli uomini della montagna, venne spesso accompagnato da "La bela Rosin", la donna di umili origini che egli sposò prima religiosamente e poi morganaticamente.
La permanenza dei Savoia al Castello di Casotto copre un arco di poco più di quarant'anni, ma è tra le sue mura che maturò uno degli episodi più noti della storia patria e che fece di Maria Clotilde una delle più belle figure del nostro Risorgimento. Dalla madre ereditò una grande dolcezza ed una pura devozione religiosa.
A soli dodici anni, rimasta orfana, sebbene ricadessero sulle sue giovani spalle la responsabilità dell'educazione dei fratelli minori e la fatica di essere la prima donna di corte, seppe assolvere anche i più gravosi compiti con serenità e grande maturità. Clotilde ha lasciato un diario in cui, in lingua francese, in un periodo molto importante per la storia italiana e di Casotto, annotava tutti gli avvenimenti delle sue giornate, anche i più banali. Questo suo scritto è stato di grande utilità nella ricostruzione della vita che si svolgeva al Castello e soprattutto dei pensieri e dei sentimenti della giovane principessa.



La visita al castello

Dallo scalone di sinistra si accede all'ampio corridoio che percorre tutto il primo piano (foto 1): lungo le pareti si osserva una vera e propria pinacoteca che raccoglie quadri che i Savoia trasferirono dalla Galleria Daniel del Castello Reale di Torino e dal Castello di Agliè: sono raffigurati personaggi di casa Savoia, della mitologia e della antichità. La camera del Principe ereditario, futuro Re Umberto I, è posta all'estremità dell'ala sinistra; luminosa e soleggiata, è una delle più belle e complete di tutto il Castello. Vi si nota un letto a baldacchino, un servizio di finissima porcellana, il salotto completo in "canneggiato".
L'ampio caminetto è sovrastato da un quadro della Galleria Daniel rappresentante una "Dama con cagnolino".
Adiacente si trova la stanza dell'aiutante di campo del Principe, Barone Cavalchini Garofoli. Di qui si accede alla camera della Principessa Maria Clotilde (foto 2).
Il letto è un raro esempio di barocco piemontese: ricavato da un tronco unico vi si ammirano le perfette forme sculturali poste ai quattro angoli e rappresentanti dei fauni. I ricami presenti nella camera sono stati eseguiti con grande perizia dalla stessa principessa, come si può osservare nel coprifuoco, molto ben conservato, lavorato a piccolo punto su tulle. Si nota ancora: la torcia battesimale della principessa, adoperata anche per tutti i suoi fratelli e l'inginocchiatoio su cui Maria Clotilde era solita pregare.
Il quadro sulla destra rappresenta Francesca d'Orléans, duchessa di Savoia; di fronte, Maria Luisa Gabriella di Savoia, sopra al camino la "Dama in manto d'ermellino" (foto 3) recante la datazione del 1713. Attraversando la camera della dama di compagnia della principessa Clotilde, Madamigella Camilla di Foras, osserviamo il lampadario in ferro battuto ed il quadro rappresentante Maria Giovanna Battista di Savoia - Nemur. L'ampia camera della musica divide le camere da letto delle principesse. Sulla parete di fondo si vede il grande quadro della "Dama in fiero" del 1600 proveniente dal Castello di Agliè ed attribuito al Van Dyck o alla sua scuola. Si narra che questa cupa dama, nelle notti di luna, scendesse dalla sua cornice per predire, vagando nelle stanze dei Castello, alla famiglia reale sventure familiari e politiche.
La tappezzeria è dell'epoca; come tutte le altre ancora conservate nel Castello essa rappresenta una rarità essendo tra le prime tappezzerie in carta fabbricate in Francia e di là fatte appositamente arrivare. Nell'arredamento sono da notarsi un delicatissimo servizio da liquori e le caratteristiche poltrone, alte e rigide. Ecco adesso la camera della dama di compagnia Principessa Maria Pia, Contessa Dariel di Salasco, con il solito letto a baldacchino ed il cassettone intarsiato.Alla parete una stampa raffigura Piazza Castello a Torino secondo un primo progetto dell'Antonelli. Adiacente si trova la camera della Principessa Maria Pia. Il letto è gemello a quello di Maria Clotilde, da notare sono gli alari del caminetto ed il grazioso tavolino da toeletta.
Segue un piccolo gabinetto da lavoro con uno dei primitivi esemplari di macchine da cucire ed un piccolo filarello. Di qui si accede alla camera della Contessa Carolina di Villamarina, governante delle principesse e governatrice addetta alla direzione del Castello. Il corridoio, che unisce le due ali del Castello, si allarga in un atrio compreso tra gli arrivi degli scaloni di accesso; in esso, di fronte ad un'ampia vetrata che guarda il cortile e la valle sottostante, si apre l'ingresso della Cappella, opera del Vittone, ancor oggi consacrata.
In origine, secondo la costruzione del Vittone del 1750, la chiesa era molto più estesa poiché la parte oggi rimastaci era solo destinata al pubblico mentre verso il chiostro ne esisteva una seconda di clausura, destinata cioè solo ai certosini. I Savoia fecero quindi chiudere la navata con un nuovo altare; su esso l'Icona, dipinta da Dionigi Faconti di Bergamo, rappresenta la Beata Ludovica di Savoia (foto 4) inginocchiata ai piedi della Madonna della Neve.
Le cappelle laterali che il Vittone aveva costruito dedicandole al fondatore della Certosa, San Brunone, e ad un altro certosino, San Ugone, vennero trasformate in tribune reali; pure aggiunte dai Savoia furono le stupende colonne monolitiche di "breccia di Casotto" ricavate da una piccola cava di marmo della zona ed uguali a quelle che si vedono anche nella Chiesa della Gran Madre di Dio a Torino. Il pavimento è un pregevole lavoro di ebanisteria, le pitture della volta furono eseguite dall'abate Giuseppe Peroni di Parma, nella cupola si vede al centro la Madonna della Neve tra due angeli; la perizia dell'autore ha fatto sì che l'immagine appaia al visitatore illuminata dalle finte finestre che si trovano alla base della cupola dietro la balaustrata anch'essa dipinta.
Nell'ala destra anch'essa percorsa da un corridoio ricco di quadri si entra nel salotto verde. E' stato così chiamato appunto per le bellissime poltrone barocche rivestite di damasco verde.
Dal salotto verde si accede alla camera della bella Rosin con il suo letto a baldacchino ed un grazioso paravento giapponese in seta ricamata. Si passa quindi alla sala da pranzo con il lungo e sobrio tavolo, i magnifici soprammobili, la porte lavorate a mano.
Grandi poltrone in cuoio sono disposte lungo le pareti; accanto al camino è appesa la borsa della posta in ferro che il veloce corriere del Re usava per portare la corrispondenza reale tra Torino e Casotto. Da qui ci si reca alla camera del Re Vittorio Emanuele II (foto 5). La bandiera del regno (foto 6), una drappella dell'esercito sardo, due quadri del 1600 rappresentanti Diana cacciatrice ed Urania ornano le pareti.
Le figure, una in bronzo e l'altra in gesso, di Cavour e Carlo Alberto sono sui due cassettoni. Sul piano dello scrittoio sono appoggiati vari oggetti personali del Re ed un ritratto della primogenita Maria Clotilde in abito da sposa. Verso il fondo del corridoio si apre la camera del Principe Oddone; si può ammirare l'originale tavolino, un bellissimo scrittoio ed il solito letto a baldacchino. Oltre a questa camera si trova la sala del biliardo, con il biliardo del Re perfettamente conservato ed efficiente ed un tavolino su cui si notano altri giochi tra cui il domino e le carte.
Dalle finestre del corridoio antistante alla sala del biliardo si possono scorgere delle rovine: sono parte dell'antica chiesa e del campanile.
Dallo scalone destro si scende nuovamente sotto i portici del grande cortile per accedere al cucinone del Re (foto 7). Qui i rami antichi, timbrati e con stemma reale, sono rimasti ad ornare questo magnifico locale. Perfettamente efficienti sono il forno per il pane, l'essiccatoio, il grande camino, i fornelli a carbone. La grande vasca in pietra che porta un originale rubinetto a forma di cigno, il mortaio, la burriera, i macinini del caffè sono rimasti a ricordo di un'altra epoca tanto diversa dal mondo moderno da sembrare emergere da una favola.



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